Su Lampedusa 35°, nel Mediterraneo a Sud della Sicilia, le spiagge, le tartarughe Caretta Caretta, foto e notizie su vacanze, voli aerei, hotel, traghetti, ristoranti, libri. Perchè Lampedusa 35°?
Lampedusa, 17 Sep 2008 - In un intervento su Famiglia Cristiana, Claudio Baglioni parla a lungo di O'Scià, di questa edizione 2008, e delle idee e speranze che stanno dietro il festival musicale a Lampedusa.
Riportiamo integralmente l'intervento di Claudio Baglioni su Famiglia Cristiana:
LORO COME I NOSTRI NONNI
Anche in questa sesta edizione della rassegna si farà spettacolo e si affronteranno i problemi degli immigrati. Ricordando quando sulle barche c’erano gli italiani.
«Se alzi la voce, significa che non hai argomenti». Aveva ragione mio padre. La verità non è questione di volume. Se la forza della ragione ci abbandona, prevale la ragione della forza. Oggi, purtroppo, è così. Viviamo in equilibrio precario, tra il Paese che non siamo più e il Paese che non siamo ancora. Tensione, ansia, paura vorrebbero profondità e qualità di pensiero. Ma il pensiero è assente.
Per quanto seria e difficile, questa non è la prima, né la più grande crisi della nostra storia. Ogni epoca, ogni secolo, ogni generazione ha la sua, e la deve affrontare. Ieri, è toccato a chi ci ha preceduti. Oggi, a noi. Gli strumenti? Conoscenza, lungimiranza, intelligenza. Funzionano. Sempre. Dipende solo da noi. Invece, malgrado gli appelli quotidiani ai toni pacati, le parole si fanno sempre più grandi e i pensieri sempre più piccoli. I valori si predicano, ma non si praticano. L’io è l’unica fede. Tu, il nemico. Noi, una prigione. L’altro, l’inferno.
Chiunque altro. Vicini di casa troppo curiosi o rumorosi; automobilisti scorretti o imbranati; chi ci soffia il parcheggio o ci passa avanti nella fila; terroni o polentoni; bigotti o senza Dio; tifosi avversari o avversari politici; quelli dell’altra classe, dell’altra scuola, dell’altro quartiere, dell’altra parrocchia. Prostitute, omosessuali, trans. Deboli, vecchi, malati. Donne. Per non parlare di lavavetri, barboni, mendicanti, zingari, rom, romeni, albanesi, polacchi, cingalesi, cinesi, africani. E, naturalmente: immigrati. La lista dei nemici si allunga ogni giorno.
Il rispetto nella reciprocità
Cosa succederà quando non ci saranno più amici? La cultura dello scontro cancella la ricchezza dell’incontro tra le culture. Siamo piromani sul punto di incendiare territori essenziali per la nostra stessa sopravvivenza: umanità, tolleranza, solidarietà, civiltà. Democrazia.
Con rischi che – accecati da risentimenti, paure, odio – non ci interessa prevedere. Homo homini lupus. È la natura, dicono. Forse. Ma l’antidoto c’è. È la cultura dell’altro. Quella che ci insegna che è assurdo pretendere dagli altri ciò che non siamo disposti a riconoscere loro. Il rispetto per identità, storia, pensiero, diritti, lingua, fede, tradizioni è tale solo in condizioni di piena reciprocità. Altrimenti si chiama prevaricazione.
Soffiamo sul cerino del mors tua vita mea, prima che la legge dell’occhio per occhio finisca con l’accecare tutto il mondo. Se il "buonismo" non è la soluzione – servono equilibrio e intelligenza –, certo la soluzione non è il "cattivismo". Né questa cultura del risentimento, dell’odio, del tutti contro tutti. Di parole d’ordine urlate, intrise di luoghi comuni, stupidità, statistiche manipolate, propaganda. Economia, lavoro, sicurezza, futuro sono problemi reali. E reclamano soluzioni reali. Puntare il dito contro falsi nemici significa eludere i problemi, non risolverli. I nodi restano, le differenze crescono e, con esse, le tensioni.
La pace sociale è figlia della giustizia, non della guerra. Inoltre, agitare lo spettro della paura ha costi psicologici, ma, soprattutto, economici elevatissimi. Le guerre si moltiplicano, i mercati speculano, i prezzi volano.
La gente paga, la paura cresce, i prezzi salgono ancora. Una spirale perversa, dagli esiti tristemente noti.
Gli stranieri, regolari o irregolari che siano, non causano crisi. In molti casi, anzi, rappresentano una risorsa. Chi fa i lavori che non vogliamo fare? Chi si occupa delle nostre case? Chi accudisce i nostri malati e i nostri anziani? Chi coltiva la nostra terra? Non trattiamoli come prostitute: desiderate di notte e dileggiate di giorno! Delinquente è chi delinque. Non chi ha un diverso colore di pelle, parla un’altra lingua o prega un altro Dio. E, poi, il Paese di mafia, camorra, ’ndrangheta, delle stragi impunite, della corruzione politica e delle infinite tangentopoli ha perso da tempo i titoli per dare lezioni di onestà al mondo.
Questa caccia alle streghe, dunque, offende intelligenza, storia, memoria e identità del nostro Paese. Un Paese di migranti, che, proprio sulle migrazioni – interne ed esterne –, ha costruito il miracolo della propria ricchezza.
La stessa in nome della quale, oggi, da un lato venera il vitello d’oro della globalizzazione, dall’altro pretende di chiudere le porte in faccia al mondo. Il popolo degli sbarchi è lo stesso dei nostri nonni, genitori e fratelli maggiori.
I compiti della politica
Cerca il futuro là dove c’è futuro. Il problema non è la presenza dei migranti. È l’assenza della politica. Spetta a lei rimuovere le cause delle migrazioni irregolari; stroncare la criminalità che sfrutta e specula; e, soprattutto, creare un equilibrio virtuoso di diritti e doveri, in nome del quale offrire, ma anche pretendere, civiltà.
Da tutti: cittadini vecchi e nuovi. Quando la politica non riesce a dare il meglio di sé, le società cominciano a dare il peggio di loro.
"O’ Scià" non è mai stata, né mai sarà, a favore della clandestinità. Ma, se è importante che i migranti non siano clandestini, è ancora più importante che clandestine non siano le coscienze, le Istituzioni e le politiche di un’Europa che deve tornare a essere serbatoio, teatro ed esempio di intelligenza, cultura e umanità per tutto il mondo. Indicando e aprendo a tutti la strada non dello scontro, ma dell’incontro di civiltà.
L’unica che può condurci a un futuro davvero degno di essere abitato.