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Home > CiaO' Scia' 2007 a Malta > Intervista a Claudio Baglioni a Malta , di Joe Cassar
Intervista a Claudio Baglioni a Malta
Joe Cassar intervista Baglioni prima di CiaO'Scia a Malta
« Torna allo Speciale CiaO'Scia' sul concerto di Malta
di Joe Cassar
Seguo la musica di Claudio Baglioni dai tempi della mia infanzia. Allora furoreggiava la canzone "Questo piccolo grande amore" che il cantautore romano aveva accettato di incidere una seconda volta per motivi di censura. Altri tempi!
Con il passare degli anni, il mondo ha subito dei notevoli cambiamenti in tutti i settori, compresa la musica. Ma Baglioni ha continuato a viaggiare in alto e ad emozionarmi con le sue canzoni. Non è un caso che mio figlio, nato quattro anni fa, porti il nome Claudio in omaggio al grande artista.
Baglioni porta ormai i capelli bianchi, eppure dispone tutt'ora di una energia che lo porta ad incidere nuove canzoni ed a proporsi alla gente attraverso i suoi affollatissimi concerti. Non solo. Riesce ancora a lanciarsi su dei progetti, come appunto quello di domani, con il proposito di sensibilizzare la gente sul fenomeno dell'immigrazione illegale e sui problemi che ne derivano.
Incontrare l'artista mi è costata tanta fatica. Ma con l'ausilio dell'entourage che lo sta accompagnando a Malta, in particolare del Sig. Giuseppe Cesaro, sono riuscito a parlare con Baglioni per oltre mezz'ora. L'incontro ha avuto luogo al teatro di La Valletta dove si stanno tenendo le prove in vista del concerto di domani che permetterà a Claudio Baglioni di trasmettere le sue emozioni musicali ai maltesi che da anni lo hanno eletto tra i loro idoli. L'artista è stato di una gentilezza squisita. Mi ha parlato con la tranquillità che lo contraddistingue, con parole saggie al posto giusto, e con la profondità d'animo che colloca l'artista tra i pensatori d'eccezione.
Claudio Baglioni ha dimostrato in quarant'anni di carriera di meritare un posto tra i più grandi cantautori italiani. Questo perché dispone di una voce vellutata che il pubblico ha sempre trovato facile digerire, ma soprattutto perché il pensatore romano riesce a raccogliere gli attimi della vita quotidiana ed a raccontarli con maestria con i mezzi di cui dispone, e cioè la voce, la tastiera, e gli strumenti musicali.
L'INTERVISTA
La tua carriera è esplosa con la canzone ormai leggendaria "Questo piccolo grande amore". Trentacinque anni dopo, continui ad incidere dischi e a presentare nuovi album, e riesci tutt'ora a riempire le piazze e gli stadi con i tuoi concerti. Com'è possibile una cosa del genere?
Eh, anche per me è stato meraviglioso scoprire che ci sono tanti spettatori ai concerti, e che altri magari più giovani si aggregano volentieri ad ascoltare, a battere le mani, a ballare, ad esprimere energie nuove durante i concerti dal vivo. Çredo che ciò dipenda dal fatto che la musica da sempre riesce ad accomunare persone appartenenti a generazioni diverse.
Personalmente, posso dire di avere cominciato la carriera molto presto, e questo fa sì che io possa oggi guardare dietro alle spalle e accorgermi di aver vissuto una lunga vicenda musicale che mi sembra tra l'altro sia diventata a questo punto più che altro una passione. All'inizio guardavo alla vicenda con curiosità, con una voglia matta di emergere, di diventare qualcuno, di riscattarmi dalle condizioni di vita di tutti i giorni, di uscire dal ruolo di "ragazzo di periferia", di segnalarmi in una famiglia molto normale.
Oggi invece è la passione che mi trascina in tutto ciò che è esibizione, musica, parole, dischi, ma anche progetti che parlano al cuore delle persone, illuminano i loro sogni, e rispecchiano la loro intelligenza. Tutto questo per me costituisce una fortuna che si ripete in continuazione. Sinceramente, mi ritengo un uomo privilegiato per tutto quello che mi è successo.
Personalmente, io ritengo che ci sono altre canzoni tue ancor più belle rispetto a "Questo piccolo grande amore". Ho in mente i brani che fanno parte degli album "Strada facendo" e "La vita è adesso", bellissime canzoni come "Ragazze dell'est", "Uomini persi" e "Notte di note". Ma è un dato di fatto che la canzone "Questo piccolo grande amore" sia riuscita a penetrare nel cuore del pubblico italiano, e anche di quello maltese, devo dire.
In verità, che cosa rappresenta per te questa canzone?
È una canzone alla quale devo la prima popolarità. È una canzone anche strana in un certo senso perché, pur avendo la forza della canzone popolare che da tante persone viene recepita nello stesso modo, ha nel contempo dei contenuti più raffinati, più importanti, più interessanti. Anche dal punto di vista della struttura, "Questo piccolo grande amore" è un brano abbastanza inconsueto perché dispone di quattro parti diverse ed un ritornello che arriva molto tardi. Però, quando uscì, portava effettivamente un linguaggio nuovo e un suono particolare, ed aveva sicuramente degli ingredienti che incuriosirono il pubblico. All'epoca, forse neanche la mia voce aveva alcunchè di speciale. Poi con il tempo è cresciuta la sua storia fino a diventare in Italia, secondo i sondaggi, la canzone del secolo.
Del resto è questa la forza incredibile delle canzoni che, pur essendo una forma di arte corta, povera, di breve durata, hanno una capacità fulminante di suscitare delle forti emozioni in tante persone in diverse parti del mondo allo stesso momento, e nessuno di noi ha ancora capito per quale motivo.
Cos'è che ti ispira al momento di scrivere i testi delle tue canzoni, il più delle volte così poetici?
Mi ispira tutto quello che gira intorno. Si dice che gli artisti siano delle antenne che riescono a vedere oltre la vista di quelli che fanno altre attività, e che quindi riescono a rendere visibile ciò che agli occhi degli altri rimane invisibile o comunque meno palesemente visibile. Siamo un po' dei ladri che vanno a rubare sensazioni, emozioni, storie, raccontando allo stesso tempo quelle che sono le nostre emozioni che poi porgiamo all'attenzione degli altri, del pubblico.
Come argomento di ispirazione, non credo ci sia alcuno in particolare. La vita, con quello che succede tutti i giorni, è un grande argomento in se stesso, talmente grande che ci vorrebbero cento di vite per descrivere la nostra esistenza e il mondo in cui viviamo. Di volta in volta, insomma, ci sono dei passaggi più importanti, o meno importanti. Negli anni settanta io feci dei dischi che si ispiravano maggiormente ad argomenti decisamente descrittivi. Negli anni ottanta cominciai a girarmi intorno all'idea degli uomini in senso collettivo, a pensare alle città, ad analizzare la vita in cui tutti facciamo un po' la fila per ottenere la felicità, per abbracciare l'idea di qualcosa di migliore, di più bello. Negli anni novanta ho scritto dei testi molto personali, molto personalizzati. E adesso, in questi primi anni del duemila, c'è in me questa voglia di raccontare le avventure e le disavventure del vivere, di segnalare il bello e il brutto della vita.
Quando non sei impegnato nello scrivere e nel cantare, cos'altro ti piace fare?
Ormai è diventata una occupazione a tempo pieno la mia, per cui quello che faccio è rigorosamente vincolato al mio mestiere, alla mia professione. Detto questo, sono comunque sempre alla ricerca del silenzio che mi allontana dai suoni della vita, da tanto fracasso, da tanto rumore. E poi, mi piace molto il mare, mi piace l'idea che il mare sia comunque un universo ancora da visitare, un po' la nostra origine ma anche la nostra destinazione. Mi piace il mare della superficie così come mi piace il mare della profondità dove trovo veramente un silenzio che mi offre una dolce compagnia.
Com'è iniziato il tuo interessamento ai problemi dell'immigrazione clandestina, e com'è nata l'idea della Fondazione O'Scia?
"O'Scia" nel dialetto di Lampedusa significa "mio respiro", "mio fiato". È un appellativo molto affettuoso che le persone si danno proprio per chiamarsi, per dare l'una all'altra l'idea del proprio affetto e del proprio amore. Noi l'abbiamo fatto diventare uno slogan e gli abbiamo anche dato il sottotitolo "Nessun uomo è un'isola, ogni respiro è un uomo". Il tutto deriva dall'osservazione di questo fenomeno dei viaggi per mare degli immigrati clandestini, e del muoversi di tante persone che cercano disperatamente di raggiungere una riva. L'osservazione comprende il tipo di vita che tante persone conducono in qualche parte del mondo, una vita che viene portata avanti in condizioni veramente disagevoli e a volte drammatiche.
Noi non possiamo continuare a far finta di niente. Non possiamo continuare ad ignorare l'assoluto bisogno che questo fenomeno venga energicamente affrontato e risolto. Perché, come uomini, come cittadini del mondo, come persone che crediamo nel diritto alla vita, abbiamo il dovere di concretizzare il pensiero che la vita è l'arte degli incontri. Incontrarsi, quindi, è un modo per arricchirsi, per conoscersi, per tastare reciprocamente le sensazioni, la cultura, l'esperienza di vita. Un mondo così complicato come quello in cui viviamo oggi ha bisogno dell'integrazione.
In fondo, siamo figli di tante storie, di tante civiltà, di tanta gente che ci ha preceduto. E non possiamo certo chiuderci proprio adesso che il mondo è diventato "globale". E allora a Lampedusa facciamo questo concerto che abbiamo chiamato "Ciao'Scia" perché in fondo è anche un saluto all'immigrante. Abbiamo portato questa nostra esperienza al Parlamento Europeo di Bruxelles, e adesso abbiamo pensato di allargare l'evento fino alle rive maltesi. Così Malta diventa il primo paese a "sentire da vicino" questa nostra esperienza.
A Lampedusa oltre 150 artisti hanno già fatto sbarcare il loro bagaglio di vita, le loro esperienze, la loro musica. Vogliamo fare la stessa cosa a Malta perché il vostro paese è geograficamente e politicamente interessato a questo fenomeno dell'immigrazione che da qualche anno va subendo e che deve quindi, con l'ausilio di altri paesi europei, tenere costantemente sotto osservazione.
Abbiamo avuto una buona accoglienza anche da parti delle istituzioni. I due governi sono patrocinanti di questa manifestazione e, come ho avuto l'occasione di dire ieri durante la conferenza stampa, tutto lascia supporre che l'appuntamento di domani possa essere il primo a Malta ma non certamente l'ultimo. È un concerto molto particolare quello che facciamo a Malta, perché per la prima volta si esibiscono insieme i tre veterani, e cioè io, Riccardo Cocciante e Gianni Morandi. Avremo anche Fabrizio Frizzi, nonché tre importanti artisti maltesi.
Malta dunque è il primo paese dove portiamo la nostra fondazione. In seguito, vogliamo poter fare qualcosa anche in Libia, da dove tanti viaggiatori clandestini spesso partono.
È confermato questo appuntamento libico?
Siamo in attesa di conferma. Stiamo cercando di trovare le date giuste. Proveremo a farlo a fine anno, altrimenti dovremo optare per i primi mesi del 2008.
Quale soddisfazioni ti sei tolto in questi cinque anni dalla nascita della Fondazione O'Scia?
Parecchie, perché la manifestazione è partita sottovoce, con piccoli mezzi, proprio su una spiaggia di Lampedusa. C'è da dire che, dopo cinque anni, l'evento non ha perso il suo carattere iniziale di semplicità, di voglia dell'incontro, anche se ormai si tratta di una manifestazione molto conosciuta e apprezzata in molte parti del mondo, e continua a richiamare l'interessamento di tanti artisti.
Come reagiscono i cantanti che tu inviti a partecipare a questi concerti?
Fino ad oggi hanno tutti risposto con un entusiasmo incredibile. A volte si sottopongono a dei veri sacrifici, dati i loro impegni nelle varie tournées che li portano sempre in giro e che li costringono talvolta a fare lunghi viaggi per raggiungere Lampedusa. Un esempio per tutti: l'anno scorso, Khaled ha dovuto compiere un viaggio di quattordici ore per arrivare a Lampedusa.
Hai già accennato alla tua esibizione al Parlamento Europeo. In quella circostanza hai riaffermato il problema degli immigrati illegali. Che significato particolare hai voluto dare a quella esperienza, e com'è stato il tuo impatto con le autorità politiche?
Io ho raccontato loro la mia esperienza. Ho premesso che gli artisti non vogliono assolutamente sostituirsi né ai politici, né alle istituzioni, e neanche agli operatori economici. Però ho ribadito il concetto del diritto di tutti di poter viaggiare oltre i propri confini così da poter portare in giro le lore esperienze di vita senza dover guardare in faccia la tragedia, e senza dover subire lo sfruttamento altrui sotto il profilo delle mafie, della droga e della prostituzione. Ho anche sottolineato il mio pensiero a favore del lavoro e del benessere ai quali gli immigrati dovrebbero avere tutti i sacrisanti diritti.
Certamente le soluzioni non sono facili da individuare, e non lo sono ancor di più per piccole isole come Lampedusa e Malta che continuano ad accogliere gente che arriva ormai con una continuità impressionante. Le soluzioni sono dunque molto complesse. Nel caso di Lampedusa, si può magari trasferire o comunque spartire il problema con altre regioni del continente. Malta invece è sì una piccola isola ma nel contempo è un paese sovrano per cui trova difficoltà enormi a caricarsi da sola l'onere dell'immigrazione. È appunto questo che bisogna sottolineare, e il ragionamento va fatto sulla base dell'assoluto bisogno che "l'idea Europa", così come a livello politico, economico e sociale, si concretizzi anche in merito a questo problema di natura morale.
In fondo abbiamo voluto essere europei non solo per avere una moneta unica, non solo per aprire le nostre dogane, ma anche per poter ottenere quel qualcosa in più in merito al nostro reciproco comportamento morale. E il nostro dovere morale ci porta a guardare persino al di là dei confini europei con la speranza che la gente possa un giorno spostarsi per il mondo intero con il minimo delle difficoltà, e che tutte le persone per bene possano un giorno incontrarsi e mescolarsi senza problemi di alcun genere. Dobbiamo essere tutti dei sognatori. Dobbiamo insistere nella preparazione di un mondo migliore per i nostri figli, dobbiamo continuare a combattere gli estremismi, le guerre, il terrorismo. Non si fanno progetti se non si è sognatori.
E allora, noi portiamo avanti il discorso dei sognatori accendendo questa piccola luce con la nostra musica. Cerchiamo di fare il nostro mestiere ai massimi livelli possibili così da poter dare credibilità alla nostra filosofia di sognatori. Così potremo rafforzare l'idea, non solo agli spettatori che ci applaudono ai concerti ma anche ad altri giovani e ragazzi che non partecipano alle nostre manifestazioni, che siamo sì degli artisti ma che soprattutto siamo cittadini del mondo con la nostra buona dose di umanità.
Ma realmente cosa può fare la musica per ovviare in qualche modo a questo problema?
Sarebbe bello poter dire che la musica possa far guarire la gente da tutti i mali. Saremmo sicuramente tutti felici. Ma non è così. È comunque un dato di fatto che la musica riesce a mettere insieme le persone, e già questo è un elemento di grandissimo rilievo. Poi la musica ha anche il merito di saper superare le barriere erette dalle varie lingue e dalle tradizioni diverse. Anche qui a La Valletta, stiamo lavorando nell'ambito di una collaborazione efficacissima pur non parlando la lingua dei maltesi. E dimostreremo questo ancor di più durante il concerto di domani. Ecco cosa significa la piccola luce alla quale ho accennato prima. Con la forza della nostra musica, cerchiamo di recare un contributo morale al cospetto di un problema che per Malta ha assunto i connotati di una piaga. Quella di Lampedusa e di Malta è una causa che va sicuramente assistita. Dobbiamo far sì che i politici si impegnino sempre di più e in modo costante a favore di una soluzione che tenga soprattutto in considerazione il rispetto della dignità umana. Nessuno di noi gradirebbe per sé e per i propri cari l'esclusione dal mondo. In tal misura non dovremo essere noi ad escludere gli altri.
Hai mai preso in considerazione la possibilità di fare politica?
No. Perché la politica è un'arte molto importante. È difficile farla bene. Intanto, per farla bene, bisogna buttarsi in politica a tempo pieno. Poi, il politico io non lo potrei mai fare perché la mia "politica di vita", che è il mio mestiere, mi porta a mettere insieme delle persone, mentre spesso la politica tende un po' a seminare delle divisioni, e io francamente in questo regime di contrapposizione non mi ci troverei mai. Preferisco continuare a fare quello che ho sempre fatto.
Questa non è la tua prima visita a Malta. Nel 2005, proprio in questo teatro, hai regalato al pubblico maltese un concerto strepitoso. Hai anche dato dei concerti a porte chiuse in un albergo maltese ai quali purtroppo non hanno potuto assistere neanche i giornalisti. Che impressione hai fatto della nostra isola?
Malta è letteratura. È storia. È un grande mistero, un sogno, per tutto quello che si sente, che si avverte come sapore. Malta è veramente una delle capitali del mondo, ha delle forti caratteristiche che derivano sicuramente da tante storie passate ma probabilmente anche attuali. È una grossa attrazione per chiunque sbarca o atterra per farle visita, ma lo è anche per chi non l'ha mai vista da vicino. Io tante volte mi ero messo in testa di venire ma l'idea era sempre rimasta… un'idea, appunto. Poi, in poco tempo, sono venuto tante volte, l'ultima delle quali per fare il sopraluogo per questa manifestazione di domani. Da una parte mi sento attirato perché mi incuriosisce tutto quello che rappresenta Malta. Dall'altra, mi sento anche un po' a casa. Insomma, mi sento un indigeno pur essendo straniero.
Quant'è reale la possibilità che questo concerto di Malta diventi un evento annuale come quello di Lampedusa?
Questo dipende chiaramente dai mezzi che avremo per poterlo fare. In questo momento devo ringraziare i miei collaboratori nella mia fondazione, tutte le persone che sono qua a Malta da giorni per lavorare su questa storia. Mi auguro che anche le istituzioni maltesi possano continuare a guardare l'evento con un occhio buono, e che ci possano dare anche i mezzi per poterlo fare. È risaputo che questa è una manifestazione senza biglietto e che gli artisti si esibiscono a titolo gratuito. Però sono comunque concerti che costano fatica ed energia, ma anche denaro, per cui ci sarà sempre bisogno degli investimenti. Mi auguro che ci si possa arrivare a ripetere l'esperienza negli anni a venire, ma intanto ringrazio tutti coloro che hanno fatto in modo che il concerto di domani si possa fare.
Un tuo breve messaggio per il pubblico maltese sulla immigrazione clandestina e a coloro che sono in procinto di assistere al concerto...
Ma, su questo argomento io spero per prima cosa che i maltesi capiscano che in questa faccenda non sono soli. Spero poi che i maltesi sappiano continuare ad esporre il problema presso le istituzioni internazionali enfasizzando l'aspetto umano della vicenda che Malta da sola non può affrontare. L'umanità ha bisogno proprio di umanità. È un momento importante, un momento in cui le cose stanno cambiando. Sono finite le ideologie, però c'è un intero continente, quello africano, dove accadono tuttora delle vicende terribili. E poi ci sono altri angoli nel mondo dove regnano a tutt'oggi la miseria e la povertà. È nel modo di guardare e di sensibilizzarci su queste situazioni che ci dobbiamo crescere.
A quelli che verranno al concerto, esprimo la mia speranza che anche questo concerto, come altri, possa essere gradito. Io e i miei collaboratori cercheremo di presentare al pubblico maltese una bellissima serata fatta di musica, ma con un contenuto che rispecchi una importante riflessione, e cioè che noi, di fronte alle diversità della vita, ci troviamo insieme in continua ricerca della felicità, meta comune a tutti noi, e di una serenità sempre da conquistare, per quello che sappia fare individualmente ognuno di noi.
Grazie a Joe Cassar per la preziosissima collaborazione.
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